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Capitale italiana della Cultura: 23 città in corsa, opportunità e sfide per i territori

Sculture multicolore – fonte_Freepik.com – Paginevesuviane.it

La competizione per il titolo di Capitale italiana della Cultura accende i riflettori su 23 città: un’occasione per ripensare spazi, turismo e servizi con progetti concreti e misurabili.

Perché la candidatura conta: visibilità, investimenti e identità

Ogni anno il titolo di Capitale italiana della Cultura spinge i territori a definire una visione comune. La candidatura non è un semplice dossier, ma un piano strategico che mette in fila eventi, riqualificazioni urbane, politiche per i musei, sostegno a imprese creative e percorsi educativi. Per amministrazioni e comunità locali significa costruire un racconto unitario: valorizzare ciò che già c’è (archivi, biblioteche, teatri, siti archeologici) e colmare i vuoti, ad esempio con spazi culturali di prossimità, mobilità più accessibile e strumenti digitali per fruire il patrimonio.

Il vantaggio principale è la visibilità. Il brand “Capitale della Cultura” moltiplica l’attenzione mediatica e attira nuovi flussi di visitatori, con ricadute immediate su ospitalità, ristorazione, commercio. Ma il valore vero sta nei progetti che restano: rigenerazione di spazi inutilizzati, reti tra istituzioni (Comuni, Università, Fondazioni), formazione di competenze per chi lavora nella cultura e nel turismo. Per le città medio-piccole, che spesso dispongono di un patrimonio diffuso ma poco connesso, la candidatura diventa uno strumento per mettere ordine e creare itinerari coerenti tra centro e frazioni, costa e entroterra, borghi e parchi.

Il titolo richiede anche misurabilità: ogni proposta deve indicare indicatori chiari (visitatori, occupazione culturale, accessibilità, impatto economico e sociale). In questo modo, la cultura smette di essere un contenitore generico e diventa politica pubblica con obiettivi, tempi, budget e responsabilità. È qui che si scopre la differenza tra un calendario di eventi e un ecosistema capace di durare negli anni.

costa-del-mare-italia – fonte_Freepik.com

Come si vince: governance, comunità e turismo sostenibile

La giuria valuta la qualità del dossier ma anche la governance. Un progetto credibile mostra ruoli definiti: chi decide, chi coordina, chi esegue. Serve una cabina di regia snella, con competenze progettuali e finanziarie, e una rete di partner solida (istituzioni culturali, scuole, imprese, terzo settore). La partecipazione non è uno slogan: laboratori di quartiere, consultazioni aperte, patti con associazioni e operatori rendono i programmi più aderenti ai bisogni reali e riducono il rischio di iniziative calate dall’alto.

Altro snodo è l’accessibilità. Una Capitale della Cultura deve essere facile da raggiungere e da vivere: treni e bus coordinati con gli eventi, segnaletica chiara, bigliettazione integrata, prenotazioni digitali, servizi per disabilità, famiglie, studenti e over 65. Anche la dimensione ambientale pesa: turismo slow, valorizzazione dei percorsi pedonali e ciclabili, riuso di edifici pubblici, riduzione degli sprechi negli eventi. Un’attenzione particolare va alla stagionalità: programmazioni distribuite sull’anno aiutano a evitare picchi ingestibili e a sostenere le economie locali nei mesi “spenti”.

Le città in corsa, grandi e piccole, puntano su identità specifiche: patrimonio storico-artistico, paesaggio, archeologia, tradizioni enogastronomiche, musica e arti performative, innovazione digitale. Il successo arriva quando questi elementi si intrecciano in una narrazione unica: non una somma di eventi, ma un filo conduttore capace di accompagnare residenti e visitatori. E quando il racconto diventa infrastruttura: spazi recuperati, biblioteche di quartiere potenziate, teatri riaperti, archivi digitalizzati, percorsi museali inclusivi.

La selezione delle 23 candidate al titolo non è solo una gara simbolica: è un banco di prova per la capacità di progettare sviluppo attraverso la cultura. Chi saprà coniugare visione, partecipazione, accessibilità e sostenibilità trasformerà la candidatura in un’eredità tangibile: più qualità della vita per i residenti e un’offerta culturale riconoscibile per chi arriva da fuori. Al di là del verdetto finale, è questo il traguardo che fa la differenza.